CHIESA DI SANTA SOFIA - BENEVENTO

PATRIMONIO MONDIALE DELL’UMANITA’

 
CHIESA DEL SANTISSIMO SALVATORE

La chiesa del Santissimo Salvatore può essere considerata, nonostante il suo aspetto sostanzialmente barocco, una delle più antiche chiese di Benevento.

Anticamente denominata “Ecclesia S. Salvatoris de Porta Somma”, essa è sicuramente una chiesa di fondazione longobarda. Lo dimostra innanzitutto un documento, datato 22 febbraio 926, in cui si fa riferimento al “monasterio Domini Salvatoris” indicandone anche la posizione. Inoltre gli scavi archeologici eseguiti tra il 1997 e il 1999, durante l’ultimo intervento di restauro della chiesa, hanno permesso non solo di attestarne la fondazione all’epoca longobarda, ma anche di individuare elementi dell’originario edificio sacro, databile al VIII secolo: inizialmente la chiesa presentava una forma quadrangolare, con lato pari a circa dieci metri.

Gli scavi archeologici hanno individuato anche strutture e sepolture risalenti al VII secolo. Diversi elementi di spoglio (le colonne e i capitelli, una colonna in facciata riutilizzata come cantonale, epigrafi – una all’interno e una all’esterno - di epoca romana) e l’antica porta in corrispondenza della navata sinistra testimoniano le prime fasi costruttive della chiesa. Sempre databili all’epoca longobarda sono alcune sepolture di particolare interesse, tra le quali due “a logette”, cioè con alloggiamento per il capo del defunto. La prima, singola, riporta l’iscrizione <<IHC REQVIESCIT IN SOMNO PACI AVDERISI INDIGNVS PRB>>, l’altra è invece “bisoma”, cioè a due posti.

Sulle pareti interne della prima oltre all’iscrizione summenzionata sono dipinte in rosso e ocra tre croci, due sui lati lunghi e una all’interno della logette. Nella tomba furono ritrovati i resti due individui, il primo dei quali, deposto sul fondo della cassa, è molto probabilmente proprio il presbitero Auderisio a cui si riferisce l’iscrizione. Insieme ai resti furono rinvenute una piccola croce in osso e due nappine di fibre tessili intessute di fili d’oro e d’argento, appartenenti alla cintura che chiudeva la veste indossata dal defunto.

Nel 1161, a seguito di un intervento di ristrutturazione, la chiesa del Salvatore fu riconsacrata dall’arcivescovo Enrico. A tale intervento sono ascrivibili alcuni archi a sesto acuto, ora lasciati a vista sui paramenti murari interni (sull’accesso alla sacrestia e sugli archi tra la navata sinistra e la navata centrale) ma anche in facciata, dove è ancora parzialmente visibile il portale di accesso alla chiesa.

Nel 1650 ulteriori lavori portarono alla costruzione dell’altare maggiore e alla realizzazione (o forse solo riconfigurazione) della navata destra. A tale epoca risalgono i fregi che corrono lungo la fascia superiore di tutte le navate (anche di quella centrale, benché non visibili a causa della successiva realizzazione della volta) e la teca degli oli santi a lato dell’altare maggiore. In occasione dei lavori venne posizionata in controfacciata una bella lapide in piperno, attualmente non visibile per la presenza della bussola e dell’organo.

A seguito del terremoto del 5 giugno 1688 il Cardinale Vincenzo Maria Orsini, arcivescovo di Benevento e futuro Papa Benedetto XIII, finanziò importanti lavori di ripristino: in facciata fu realizzato ex novo il pronao, internamente la capriata lignea fu nascosta dalla volta incannucciata (in seguito decorata con un affresco che raffigura il Salvatore in Gloria tra gli angeli), l’abside di destra fu obliterata mentre quella di sinistra fu eliminata per ricavare un vano poi adibito a sacrestia. Infine le nuove decorazioni interne, con stucchi intonaci e affreschi, conferirono alla chiesa l’aspetto barocco che ancora oggi è possibile osservare. Una lapide incastonata in controfacciata ricorda i lavori e la celebrazione di riapertura della chiesa, avvenuta il 29 aprile 1696.

Al XVIII secolo possono essere attribuibili anche le due acquasantiere.

Successivamente al terremoto del 6 giugno 1882 la chiesa fu oggetto di ulteriori importanti opere di ristrutturazione: in controfacciata fu posizionato un organo a canne (che comportò la chiusura del rosone), nelle navate laterali furono posti due altari in marmo bianco dedicati alla Sacra Famiglia e alla Madonna dell’Arco, infine in corrispondenza dell’abside di destra fu innalzato un piccolo campanile. I lavori sono ricordati da una lapide attualmente posta sull’altare in navata sinistra.

Nel 1901 fu posta sulla parete laterale destra la Croce delle Indulgenze, realizzata in occasione del Giubileo del 1900.

Alla sua destra è presente la lapide funeraria del Conte Brigante Colonna (1804-1860) nobile di Tivoli, Assisi e Recanati, riportante lo stemma con il motto latino “mi spezzo ma non mi piego” (FRANGITUR non FLECTITUR).

Nel 1913, nella lunetta soprastante il portale, fu realizzato un affresco rappresentante il “Cristo Signore dell’Universo” riportante un cartiglio con una frase tratta dal Vangelo di Matteo:”hic est filius meus dilectus in quo mihi bene complacui ipsum audite”.

Negli anni ‘50 del XX secolo, a seguito dei lavori di restauro della chiesa di Santa Sofia, furono trasferiti nel Santissimo Salvatore l’altare e la statua di San Giovenale, oltre che la statua dell’Immacolata.

Dopo il terremoto del 21 agosto 1962 la chiesa fu chiusa al culto e definitivamente riaperta solo nel 2002.

Attualmente sulle pareti del Santissimo Salvatore sono posizionate riproduzioni fotografiche, dimensionalmente congruenti con gli originali, delle tele già presenti nella chiesa.

Nella pavimentazione delle navate sono presenti due lastre, a copertura di due fosse comuni, riportanti la data 1801 e la dicitura “pro pueris” e “pro mulieris”. Esiste una terza fossa comune di cui però è andata persa la lastra di copertura originale.

In sacrestia sono visibili, nella pavimentazione, i resti del basamento dell’abside sinistra demolita dopo il terremoto del 1688.

In sacrestia è altresì presente, sotto la finestra, un bel catino lavamani.

 

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