CHIESA DI SANTA SOFIA - BENEVENTO
PATRIMONIO MONDIALE
DELL’UMANITA’
CHIESA DI
SANTA SOFIA
LA STORIA
La chiesa di Santa Sofia
fu fondata da Arechi II, che nel 758 divenne Duca di Benevento per volere di
Desiderio, Re dei Longobardi, di cui aveva sposato la figlia Adelperga. In
quell’anno Desiderio si era mosso dalla capitale Pavia contro i duchi di
Spoleto, Alboino, e Benevento, Liutprando,
i quali, aspirando a una maggiore autonomia, si erano posti sotto la protezione
del re dei Franchi Pipino il Breve. Conquistata Benevento, Desiderio insediò il
genero Arechi alla guida del ducato beneventano.
In passato era altresì
accreditata la tesi secondo cui la costruzione della chiesa fu avviata dal duca
Gisulfo II, padre di Liutprando.
A sostegno di tale tesi il brevissimo lasso di tempo tra l’ascesa al potere di
Arechi (marzo-aprile 758) e la prima solenne celebrazione (maggio 760) durante
la quale lo stesso Arechi depose nell’abside maggiore le reliquie di dodici
martiri; inoltre Leone Ostiense (monaco e bibliotecario a Montecassino a
cavallo tra XI e XII secolo), forse confondendo questa chiesa con quella di
Santa Sofia a Ponticello, ne assegna appunto a Gisulfo
la fondazione.
Probabilmente su
suggerimento di Paolo Diacono, monaco e storico longobardo autore dell’Historia Langobardorum, Arechi
intitolò il tempio alla Santa Sofia, cioè alla Santa Sapienza, a somiglianza
dell’omonima basilica di Costantinopoli inaugurata dall’imperatore Giustiniano
I nell’anno 527.
Portata a termine nel
762, come si evince da un atto di donazione dello stesso Arechi del 774 essa fu
edificata “pro redemptione
animae meae sue pro salvationis gentis nostrae”, divenendo di fatto Chiesa nazionale e simbolo
della spiritualità del popolo longobardo.
Nel 768 la chiesa ospitò
le reliquie di San Mercurio e di altri 31 martiri cristiani,
Arechi II annesse alla
chiesa una comunità di suore benedettine, inizialmente sottoposta al vicino
convento maschile di San Benedetto a Xenodochium,
alla cui guida pose la sorella Gariperga. L’intera
comunità monastica era dipendente dalla giurisdizione di Montecassino.
L’abbazia, in seguito a
donazioni e lasciti, divenne una delle più potenti dell’Italia meridionale; già
nel X secolo alle suore erano subentrati i monaci, il cui primo abate fu Orso.
Tra l’XI e il XII secolo numerosi Pontefici (Ottone
I, Ottone II, Ottone III, Benedetto VIII, Leone IX, Gregorio VII, Urbano II,
Pasquale II) concessero all’abbazia molti privilegi, accordandole l’autonomia
da Montecassino e il diritto dell’elezione dell’abate. Essa raggiunse l’apogeo
nel secolo XII, non solo per la sua chiesa monumentale ma anche per il suo
"scriptorium" dove si sviluppò la scrittura beneventana divenuta famosa nel mondo. A partire dal
XIV secolo si aprì un periodo di decadenza: nel 1455 i monaci furono sostituiti
da canonici benedettini e l’abbazia fu concessa da Papa Callisto III in
commenda al nipote Rodrigo Borgia (futuro Papa Alessandro VI).
Nel 1595 il cardinale Ascanio Colonna, abate
commendatario, ottenne la sostituzione dei benedettini con i canonici Regolari
della Congregazione del Santissimo Salvatore, che ressero la badia fino alla
soppressione della Congregazione nel 1806. A partire dal 1827, con la morte
dell’ultimo abate commendatario, cardinale Fabrizio Ruffo,
il beneficio di Santa Sofia fu soppresso e il complesso monastico fu assegnato
da Papa Leone XII ai Gesuiti; dal 1834 la struttura fu gestita dai Fratelli
delle Scuole Cristiane, che svolsero la loro attività educativa fino al 1928,
quando il monastero accolse il Museo del Sannio e la chiesa fu elevata a
Rettoria.
L'ARCHITETTURA
La chiesa di Santa Sofia
si presenta come un edificio di eccezionale interesse nell’ambito
dell’architettura dell’alto medioevo.
Essa è di modeste
dimensioni, contenuta in un circolo di soli metri 23,50 di diametro. Le
murature perimetrali sono di cm. 95 di spessore ed eseguite con due file di
mattoni, spessi circa 3 cm, intercalate da una fila di tufelli irregolarmente
squadrati.
La pianta è unica nel suo
genere. Essa presenta un nucleo centrale costituito da un esagono ai cui
vertici sono collocate sei grandi colonne (provenienti forse dall'antico tempio
di Iside), collegate tra loro con archi sui quali si sviluppa la cupola.
Intorno a questo esagono centrale troviamo un secondo anello, decagonale, con
due colonne subito dopo l’ingresso e otto pilastri in blocchi di pietra
calcarea bianca intercalati da strati di mattoni.
I pilastri non sono
disposti in conformità ai canoni classici, cioè orientati tutti allo stesso
modo oppure radialmente, come sarebbe logico in un edificio a pianta centrale;
infatti ciascun pilastro è orientato parallelamente alle retrostanti pareti
perimetrali, il cui andamento è stupefacente: circolare nella zona presbiteriale che ospita anche le tre absidi, poi a forma
stellare per ritornare di nuovo circolare in corrispondenza del portale
d’ingresso.
Tutto ciò crea giochi di
prospettive, di ombre e di luci cha affascinano il visitatore; si pensi, ad
esempio, alla straordinaria varietà delle volte, dovuta all'insolito
accoppiamento della corona esagonale con quella decagonale: il susseguirsi di
volte prima quadrangolari, poi romboidali e infine triangolari è forse un
richiamo alla forma delle tende usate dal popolo longobardo durante il suo lungo
girovagare in Europa.
Gli otto pilastri a
sezione quadrata e le due colonne (con capitelli antichi) del decagono sono
sormontati da pulvini altomedievali, mentre le colonne dell’esagono presentano
solo capitelli, ma non pulvini, e basi costituite da antichi capitelli
rovesciati.
Lo splendore dell'antica
chiesa è inoltre testimoniato dai resti degli affreschi delle absidi, i quali,
pur nella frammentarietà che ne impedisce l’interpretazione iconografica,
rivelano un ampio respiro artistico e una notevole potenza espressiva.
GLI
AFFRESCHI
Originariamente la chiesa
doveva essere completamente affrescata. Lo dimostrano i frammenti
tuttora visibili, oltre che nelle absidi, anche su un pilastro (il primo a sinistra
entrando in chiesa), alla base del tiburio
(è il piede di un individuo) e negli spigoli
delle pareti a stella.
Nelle due absidi laterali
sono presenti elementi superstiti del ciclo pittorico che dedicato alle Storie
di Cristo. In quella di sinistra sono ancora visibili stralci di due scene
della Storia di San
Giovanni Battista: l’Annuncio a Zaccaria
della nascita del Battista e il Silenzio di Zaccaria che
indica ai fedeli stupefatti di essere stato privato della parola per
l’incredulità all’annuncio dell’Angelo. Tali scene ricalcano il testo del primo
capitolo del Vangelo di Luca.
Nell’abside destra sono
rappresentate le Storie della Vergine.
Da sinistra a destra si riconoscono l’Annunciazione a Maria,
con l’angelo che si volge benedicente verso il trono della Vergine, e la Visitazione, con
l’abbraccio fra Maria ed Elisabetta.
Tali affreschi furono
probabilmente voluti dallo stesso Arechi II e realizzati da un anonimo artista siro-palestinese entro il 768, anno della tumulazione delle
reliquie di San Mercurio.
Altri affreschi, di
epoca posteriore, sono presenti nella sezione inferiore dell’abside destra.
I RESTAURi
Santa Sofia non ha
mantenuto sempre lo stesso aspetto nel corso dei secoli.
RESTAURO
MEDIEVALE
Nel secolo XII la chiesa,
a cui successivamente all’anno Mille era stato aggiunto il campanile a ridosso
del lato sinistro della facciata (per opera di Gregorio, abate dal 998 al
1022), subì infatti un primo restauro che, lasciandone intatta la pianta
originaria, aggiunse in corrispondenza della facciata un corpo di fabbrica
quadrangolare, poggiato su quattro colonne; questo intervento determinò il
parziale abbattimento della facciata, che in origine era lunga solo 9 metri.
Nella lunetta centrale,
al di sopra del nuovo portale così realizzato, venne anche inserito un
bassorilievo che ora si trova sulla porta d’ingresso della chiesa. In esso è
raffigurato Cristo in trono, la Vergine a destra, ed alla sinistra San Mercurio
martire (milite romano le cui reliquie - tumulate nel 768 - attualmente
riposano sotto l’altare della cappella destra) con a fianco un monaco
inginocchiato, forse l’Abate Giovanni IV, promotore del restauro e della
ricostruzione del chiostro arechiano, che era stato
distrutto dal terremoto dell’anno 968.
All’interno si sistemò
una "schola cantorum"
nell'esagono centrale e probabilmente in tale occasione i due pilastri
all'ingresso furono sostituiti con due colonne con colonne.
RESTAURO
BAROCCO
Il terremoto del 5 giugno
1688, che rase a suolo la città, causò ingentissimi danni anche in Santa Sofia.
Tutta la struttura risultò seriamente lesionata: crollò la cupola centrale
esagonale a spicchi, molto più bassa di quella attuale e senza aperture; il
campanile romanico si rovesciò sul corpo avanzato, distruggendolo
completamente. I Canonici Lateranensi avviarono la ricostruzione della cupola
(realizzando un alto tiburio non presente in origine) e la realizzazione di una
grande cappella rettangolare in sostituzione dell’abside centrale.
Con la ricostruzione in
forme barocche tra il 1696 e il 1701 ad opera dell’architetto Carlo Buratti (e
le ulteriori modifiche avutesi in seguito al successivo terremoto del 14 marzo
1702) voluta dall'allora Arcivescovo di Benevento Cardinale Vincenzo Maria
ORSINI - divenuto poi Papa BENEDETTO XIII - si apportarono radicali
trasformazioni che determinarono la scomparsa della primitiva configurazione
longobarda e causarono la quasi completa distruzione dei preziosi affreschi.
Gli interventi
consistettero, tra l'altro, nella trasformazione della pianta da stellare a
circolare, nella obliterazione delle absidi laterali, nella rastremazione degli
otto pilastri e nella realizzazione della nuova facciata, tuttora parzialmente
esistente. Si realizzarono inoltre due cappelle laterali (o solo quella
sinistra essendo forse già presente a destra la cappella delle Reliquie) e la
sacrestia. L'interno fu completamente intonacato e arricchito di stucchi. Nuovi
altari - attualmente due sono posizionati nelle cappelline
laterali, un terzo, dedicato a San Giovenale, è stato spostato nella chiesa del
Santissimo Salvatore - e statue - notevoli il San Giovenale e l’Immacolata,
entrambe realizzate successivamente dal Cerasuolo
(1790), ora al Santissimo Salvatore - contribuirono ad arredare l’interno
secondo il gusto barocco.
RESTAURO
MODERNO
Nel secondo dopoguerra
iniziarono, a cura della Soprintendenza ai Monumenti di Napoli, i lavori di
restauro che, con un discusso intervento, permisero di riportare alla luce
l'originale schema strutturale murario longobardo e di completare poi le parti
demolite o manomesse in occasione della trasformazione barocca. Ai primi saggi,
avviati nel 1947, seguirono i lavori che, iniziati nel marzo del 1955,
terminarono nel 1960 quando la chiesa fu riconsegnata alla comunità
parrocchiale.
Furono eliminati gli
stucchi e gli intonaci e riportate in vista le due absidi laterali con gli
affreschi residui, mentre l’abside centrale fu ricostruita nelle sue dimensioni
originarie. Sulla base delle indicazioni fornite dalle ricerche archeologiche
furono riproposte le pareti ad andamento stellare,di cui si era completamente
persa la memoria, eliminando i due tratti di muro circolare, voluti
dall’Orsini, che avevano incorporato gli spigoli esterni delle pareti a
zig-zag. Si ricostituì la originaria sezione quadrata dei pilastri, fu
abbassata la quota di calpestio, furono eliminate le due cappelle laterali,
venendo così a creare due nuove cappelline (la destra
dedicata a San Gerardo,
la sinistra dedicata alla Madonna)
non presenti nelle precedenti configurazioni della chiesa.
Relativamente più leggeri
furono invece gli interventi sulla facciata barocca: oltre al già menzionato
abbattimento delle due cappelle laterali, furono obliterati il rosone e i due
finestroni, mentre il portale fu arretrato nella posizione originaria, al di
sotto dei due archi a doppio centro emersi durante i saggi.
SANTA
SOFIA PATRIMONIO DELL’UMANITA’
Tra il 2005 e il 2010
l’Amministrazione comunale di Benevento e la Soprintendenza BAPSAE hanno
realizzato alcuni interventi di restauro, consistenti essenzialmente nella
pulitura delle superfici murarie, nel rifacimento della pavimentazione e
nell’adeguamento degli impianti.
Il 25 giugno 2011 il
complesso monumentale di Santa Sofia è stato inserito nella World Heritage List dell’Unesco all’interno del sito seriale “I Longobardi in Italia. I luoghi del potere
(568-774 d.C.)”, comprendente i seguenti beni:
1. Cividale del Friuli: Area della Gastaldaga e complesso episcopale
2. Brescia: Area monumentale e complesso di Santa Giulia – San
Salvatore
3. Castelseprio: Torba: Castrum e chiesa di Santa Maria foris
portas
4. Campello sul Clitumno:
Il tempietto
5. Spoleto: Basilica di San Salvatore
6. Benevento: Complesso di Santa Sofia
7. Monte Sant’Angelo: Santuario di San Michele
L’evoluzione dello schema
architettonico nel corso dei secoli
Rielaborazioni grafiche a colori
dello schema di Antonino Rusconi